L'indicibile inverno. Una storia bipolare by Benedicta Froelich

L'indicibile inverno. Una storia bipolare by Benedicta Froelich

autore:Benedicta Froelich [Froelich, Benedicta]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Oltre
pubblicato: 2020-06-29T22:00:00+00:00


I ‘Tenements’

Barriera Antartica (latitudine non specificata), 17 marzo 1912

Ogni singolo passo era pura e semplice agonia.

Mentre si costringeva ad arrancare goffamente verso una non meglio specificata meta, Lawrence Edward Grace Oates riusciva quasi ad avvertire l’ultima, finale dissoluzione di ogni minima fibra dei suoi piedi orribilmente mutilati dalla cancrena; eppure continuava a procedere dolorosamente, diretto verso nessun luogo, semplicemente perché doveva andare avanti. Il vento ghiacciato del blizzard, impietoso e crudele, continuava a soffiargli in viso con violenza, sbilanciandolo pericolosamente e rischiando di fargli perdere l’equilibrio da un momento all’altro; ma soprattutto, pungeva e torturava il suo volto, tanto che presto avvertì le lacrime ghiacciarsi lungo le sue guance, ormai troppo scavate e sfigurate dalle chiazze scure del congelamento.

Eppure, come sospinto da un terribile riflesso automatico, continuò a camminare, finché una raffica più violenta delle altre non lo fece cadere in ginocchio nella neve pungente, e un’immediata fitta di dolore si irradiò in un istante dalle sue gambe al cervello. Mentre, nella ricerca disperata di uno sfogo a quel dolore, lasciava uscire con violenza il respiro tra i denti, producendo un fischio sgraziato che si confuse con l’ululato continuo del blizzard, affondò le mani guantate nel nevischio duro, e, come un bambino esausto, riprese a trascinarsi, strisciando bocconi sul terreno, affondando sempre più nella neve, maledetta ed eterna neve, che lo circondava.

Continuò, lentamente e inesorabilmente, ad andare avanti, metro dopo metro, aspettandosi che, da un momento all’altro, quelle appendici nerastre e informi che erano ora i suoi piedi si staccassero del tutto dalle caviglie, regalandogli finalmente un minimo di sollievo. Sapeva bene che da un momento all’altro quelle membra avrebbero cessato di appartenergli, e allora non sarebbe più riuscito nemmeno a strisciare, ma semplicemente sarebbe caduto a faccia in giù nella neve, e, finalmente, sarebbe morto, proprio lì dove si trovava. E sentiva che era giusto così, poiché era quello che voleva: stava camminando verso la morte, lo sapeva, così come lo sapevano i suoi compagni di sventura – e in un simile frangente, camminare o strisciare non faceva poi una grande differenza.

Dietro di lui, la tenda dove i suoi tre compagni giacevano esausti non era più visibile, già nascosta e soffocata dal vento e dal nevischio: ma lui aveva abbandonato quel piccolo, fragile cono luminoso di protezione e di calore, e lo aveva fatto di sua spontanea volontà. Il suo sacrificio avrebbe forse permesso a quegli uomini, che ancora avevano una chance di sopravvivere a quell’inferno, di raggiungere la loro meta; ormai, per lui – per un ufficiale del nono reggimento degli Inniskilling Dragoons – non rimaneva nessuna scelta possibile, fuorché quella di una morte da soldato. Dopotutto, era così che lo chiamavano, fin dall’inizio della spedizione – ‘Soldier’, così lo aveva definito il Proprietario fin dal primo giorno, per distinguerlo dagli altri uomini dell’impresa, tutti appartenenti alla Marina… come lo stesso Proprietario, del resto. Forse era anche per questo che lui era sempre rimasto un pesce fuor d’acqua – fino a pochi giorni prima, almeno.

Tutto d’un



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